Sul numero di marzo 2009 della rivista "Ambiente & sicurezza sul lavoro" viene pubblicato un articolo a firma di un sostituto procuratore del tribunale di Roma dal titolo: "Cantieri più sicuri: gli obblighi e le responsabilità del coordinatore".
Non condividendo affatto il taglio dell'articolo, 35 coordinatori per la sicurezza da tutta Italia (tra cui chi redige queste note) scrivono una lettera alla rivista.
Stralciando dalla lettera: "Al CSE non si può chiedere una vigilanza continua sul cantiere perché non è concretamente attuabile ed è, quindi, una condotta penalmente inesigibile; è l’imprenditore con la sua catena gerarchica di comando che deve attuare quanto previsto dalle norme di legge vigenti (vedasi anche art. 97 del citato decreto). Anche se in preda ad un delirio coercitivo, s’imponesse al CSE di seguire un unico cantiere per volta, questi non potrà mai essere in grado di espletare compiti di vigilanza continua. (...) non si può chiedere al CSE di sostituirsi all’attività degli ufficiali di polizia giudiziaria in quanto lo status della figura del CSE, lo si ripete ancora una volta, non è certo quella di un incaricato di pubblico servizio o di un pubblico ufficiale il quale, è bene ricordarlo, è il solo ad essere istituzionalmente preposto a far osservare la legge."
Sul numero di maggio 2009 la lettera dei coordinatori e la breve replica del magistrato.