martedì 27 dicembre 2016

Condominio e DVR - un rapporto malato

Non c’è nessuna intenzione di dare la caccia alle streghe, di dire Questo ha sbagliato o Quello ha diffuso informazioni false. Si vuole solamente riprendere quello che per qualcuno è un eterno dubbio, non per dissiparlo (non c’è bisogno: in materia di condominio solo i profani e i dilettanti possono veramente, oggi, non sapere se e quando il DVR sia obbligatorio ai sensi di legge), ma piuttosto per raccontare una normale storia di condominio, dove la burocrazia e la superficialità sono protagoniste.

Tutto nasce nel 1997, quando entra in vigore la versione definitiva del d.lgs. 626/1994, con la quale il legislatore passa da un rapporto legge=risultato, che si sperava di raggiungere nel dopoguerra con i grandi decreti tecnici del Presidente della Repubblica, ad un rapporto legge=responsabilità, con l’intento – mutuato dalle leggi comunitarie – di essere sempre in grado di individuare, a posteriori e tramite documenti cartacei, i responsabili dei reati. Semplificando moltissimo, se il dPR 547/1955 diceva quando e come si dovesse installare un parapetto anticaduta, il d.lgs. 626/1994 chiedeva che ci fosse in azienda un testo scritto in cui si valutasse se il parapetto c’era e come era installato, ed anche almeno una persona competente a riconoscere nel tempo eventuali difetti nel parapetto. Quel testo si chiamava Documento di Valutazione dei Rischi e quella persona competente Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione: DVR e RSPP.
Con il passare degli anni e con la lenta ma progressiva digestione, da parte di tutti gli attori, delle richieste della nuova “legge 626”, molti controlli da parte di organi di vigilanza si risolvevano in un veloce sopralluogo e nella richiesta all’azienda di documenti, da sfogliare velocemente ed archiviare. A redigere quei documenti una classe di tecnici della sicurezza efficientissima nel produrre DVR impeccabili, magari voluminosi e poco leggibili, ma rispettosi di tutte le richieste di legge: una perfetta rappresentazione ideale di come gli ambienti di lavoro avrebbero dovuto essere, spesso senza una correlazione tra realtà dei fatti e “realtà” cartacea.
Anche il mondo condominiale ha iniziato a parlare, tramite convegni più o meno raffinati, della sicurezza dei dipendenti portieri ed affini. Dopo le prime difficoltà interpretative, un paio di circolari ministeriali e una sentenza di Cassazione nel 1998 hanno cominciato a chiarire che il condominio, caso unico nel mondo lavorativo italiano, quando è datore di lavoro di portieri o affini ha obblighi di sicurezza ridotti, non dovendo applicare il d.lgs. 626/1994 in null’altro che gli articoli 21 e 22 – informazione e formazione – e dovendo fornire al lavoratore protezioni e attrezzature richieste dal dPR 547/1955: e quindi nessun DVR, nessun RSPP, nessuna forma, ma solo sostanza. Già nel 1999 la Direzione Provinciale di Milano – cioè l’ufficio locale del Ministero del Lavoro – suggeriva informazioni da diffondere agli amministratori al fine di “evitare spiacevoli speculazioni commerciali”.
Dopo pochi anni di sostanziale silenzio, utili a far dimenticare le indicazioni istituzionali, dal mercato dei servizi è partita una poderosa campagna commerciale che ha fatto leva sul dubbio, sulla presunta scarsa chiarezza della legge, sulle “pesanti responsabilità civili e penali dell’amministratore”, per diffondere con successo l’idea che bastasse un pezzo di carta, una nomina qualunque, per proteggere il datore di lavoro (nel condominio con dipendenti individuabile nell’amministratore) dalle ripercussioni in caso di infortunio.
La campagna, con una certa genialità, è andata addirittura oltre: siccome i condomini datori di lavoro, cioè con dipendenti, sono piuttosto pochi, si decise scientificamente che l’amministratore fosse anche datore di lavoro dei lavoratori delle ditte in appalto, cioè non solo committente ma anche datore di lavoro dell’ascensorista, dell’elettricista, del caldaista. Una stupidaggine di questa dimensione era talmente grossa che ha letteralmente sfondato e, col tempo, persino qualche ente istituzionale e non, a digiuno di condominio e di sicurezza sul lavoro, ha perseguito questa sconsiderata tesi, che vuole un committente diventare automaticamente “datore di lavoro temporaneo” di “dipendenti occasionali”. Al di fuori del mondo condominiale questa tesi non è stata mai raccontata a nessun’altra categoria, qualcuno si chieda perchè.
Nel 2007 nasce il DUVRI (subito descritto ambiguamente come qualcosa affine o alternativo al DVR, tanto per aumentare la confusione) e l’anno dopo viene emanato il d.lgs. 81/2008, che cancella 626 e 547 e “rimodula la sicurezza sul lavoro”, soprattutto agli occhi attenti di chi ha una sola visione del condominio, quella di un placido mare facilmente pescoso. In realtà il decreto 81 conferma persino nel dettaglio tutto quanto previsto in precedenza: in condominio è richiesta sostanza e non forma, il DVR e il RSPP sono obbligatori esclusivamente nei casi (rarissimi) in cui al lavoratore si applichi un contratto di lavoro diverso da quello per dipendenti di fabbricati, gli obblighi veri e sanzionati nei normali condomini con dipendenti riguardano la formazione, l’informazione, la fornitura di protezioni ed attrezzature a norma di legge, il coordinamento tra dipendente e appaltatori con redazione del DUVRI (che non è il DVR). Incredibilmente, secondo alcuni commentatori che nemmeno si rendono conto dell’incompetenza che dimostrano, il d.lgs. 81/2008 non si occupa di chi non ha dipendenti. In realtà questa apparente dimenticanza è in perfetta linea con tutte le leggi nazionali da sempre: chi non ha dipendenti o equiparati non è mai stato e non è datore di lavoro. Mai. Da sempre.
In queste ovvie direzioni si è mosso per primo il Ministero del Lavoro, confermando nel 2010 le interpretazioni più rigorose che riducono gli obblighi per un condominio con dipendenti e che negano obblighi (cantieri edili a parte) per un condominio senza dipendenti. E col tempo stanno anche uscendo interpretazioni di aziende sanitarie locali (cioè l’organo di vigilanza, non Tiramolla) e sentenze di merito e di Cassazione che dimostrano l’inutilità concreta del DVR e del RSPP in condominio e l’impossibile equiparazione tra committente e datore di lavoro.
Lentamente, anche qui attendendo il giusto perché i pareri ministeriali invecchiassero un poco, la macchina del fumo si è rimessa in moto ed ancora oggi si leggono, si ascoltano, si devono confutare “interpretazioni” di un testo di legge che non è affatto confuso, che precisa per bene quali siano i limiti e le necessità in un condominio con dipendenti e che ignora il condominio senza dipendenti perché non è tema di sicurezza sul lavoro (come casa tua, Lettore).
All’amministratore superficiale fa comodo illudersi che un “documento firmato da un tecnico” gli possa servire in caso di danni. Non è bastato ribadire che la legge dice altro (sostanza e non forma) e spiegare che quel DVR per legge è indelegabile e quindi piuttosto conviene che non ci sia, mancando l’obbligo, perché se c’è il DVR lo ha firmato lui – l’amministratore – anche se c’è il timbro di un Dott. Prof. Ing. Arch.; non è bastato spiegare che l’organo di vigilanza non sanzionerà mai per un obbligo che non c’è, o che se anche per sbaglio lo facesse si vincerebbe il ricorso (già fatto, non sono solo parole); non è bastato distogliere lo sguardo dalla burocrazia per chiedere di concentrarsi sul gradino rotto, sul parapetto alto il giusto, sul dipendente formato ed informato in modo corretto. L’Italia è piena di condomini con voluminosi DVR (probabilmente mai letti), a volte anche con RSPP, eppure con ambienti comuni ancora irregolari ed attestati di formazione ridicoli e contestabili in ogni momento. Per questo possiamo dire grazie a un buon numero di cattivi maestri.
Ma in fondo, statisticamente, quanti sono gli amministratori condannati o anche solo sanzionati? Pochi. E allora si prosegua così, producendo documenti inutili, non richiesti ed addirittura pericolosi in caso di infortunio – leggeteveli, una buona volta: avrete sorprese – sperando sempre che il vero guaio tocchi a qualcun altro.
Questa è la vera (sotto)valutazione del rischio, non degna di un professionista.