"Effettivamente, il giudice di merito ha erroneamente ritenuto che la mancanza di una normativa specifica, che imponesse al gestore della piscina la collocazione di cartelli (indicatori della diversa profondità e del divieto di tuffi dove l'acqua era bassa), escludesse la configurabilità di un comportamento colposo in capo al gestore.
Infatti, l'apposizione di mezzi idonei a segnalare la profondità della piscina e di un esplicito cartello per vietare i tuffi, dove la profondità non li consente in sicurezza, risponde alle comuni regole di prudenza (...). Nessun rilievo può avere, quindi, la mancata elencazione di tali obblighi in norme primarie o secondarie, o in norme elaborate dagli organismi sportivi di riferimento. La loro eventuale esistenza non farebbe altro che codificare generali norme di prudenza": Cassazione Sez. III Civile, sentenza n.5086 del 3 febbraio 2011, nonostante i gruppi su facebook.
Infatti, l'apposizione di mezzi idonei a segnalare la profondità della piscina e di un esplicito cartello per vietare i tuffi, dove la profondità non li consente in sicurezza, risponde alle comuni regole di prudenza (...). Nessun rilievo può avere, quindi, la mancata elencazione di tali obblighi in norme primarie o secondarie, o in norme elaborate dagli organismi sportivi di riferimento. La loro eventuale esistenza non farebbe altro che codificare generali norme di prudenza": Cassazione Sez. III Civile, sentenza n.5086 del 3 febbraio 2011, nonostante i gruppi su facebook.
Perchè la piscina sì e il mare no?
Saranno abbastanza prudenti, la prossima estate, i gestori degli stabilimenti balneari del mare Adriatico? Si aprono nuovi orizzonti commerciali per le ditte di cartellonistica della riviera romagnola.